come possono presentarsi le emorroidi e tipi di intervento

 

Nei casi più avanzati, in cui oltre alla sintomatologia è presente un volume importante di tessuto emorroidario, con evidente prolasso alla spinta defecatoria, il trattamento conservativo può essere solo un palliativo per risolvere il dolore nelle crisi acute.

In alcune situazioni diventa quindi d’obbligo risolvere il quadro con un intervento chirurgico, adottando di volta in volta la tecnica più indicata per lo specifico caso.

Non è assolutamente pensabile poter risolvere tutti i casi con lo stesso tipo di trattamento: ogni caso va attentamente valutato, ed è responsabilità del chirurgo proctologo proporre al paziente la tecnica che meglio può essere d’aiuto nel risolvere il problema.

Perchè per gli interventi alle emorroidi non si usa la stessa tecnica?

Questo avviene per diversi motivi:

  1. I pazienti non sono tutti uguali, a partire da sesso e massa fisica.
    Quello che va bene per un giovane maschio con una buona muscolatura perineale può non essere indicato per una donna di età più avanzata, magari dopo 2-3 parti.
    L‘avanzare dell’età porta a modificazioni fisiologiche generali e locali che vanno sempre tenute in attenta considerazione.
    Le gravidanze sono un potente elemento di modificazione del piano perineale.
  2. La presentazione del quadro emorroidario può essere molto differente da un caso all’altro, con maggior o minore presenza di componente emorroidaria interna o esterna, diversamente complicata.
    Ad esempio un prolasso circonferenziale è molto diverso da una trombosi localizzata: anche se per entrambi la soluzione è chirurgica, è completamente diverso l’approccio ed il tipo di intervento da eseguire.
  3. Spesso al problema emorroidario si associano altre patologie, sia locali (ad esempio la presenza di una ragade o di un processo infettivo , sia esso ascesso o fistola), sia sistemiche (diabete, malattia infiammatoria intestinale tipo Morbo di Crohn o RCU…). Il decorso postoperatorio può essere influenzato in maniera anche importante dalla presenza di questi fattori, che possono rallentare in maniera significativa i processi di guarigione

In conclusione , i racconti di amici e parenti possono essere di aiuto solo poche volte, in quanto difficilmente la situazione clinica sarà la stessa.

Interventi in urgenza o in elezione

In urgenza, in caso di trombosi emorroidaria, può essere sufficiente la semplice incisione in anestesia locale, con svuotamento dei coaguli, per risolvere la sintomatologia dolorosa. E’ un piccolo intervento che viene fatto, previo ovviamente il consenso del paziente, in ambulatorio, al termine della visita.
Lo scopo è semplicemente quello di ridurre la tensione del nodo emorroidario e permettere l’evacuazione del coagulo. A questo si associa sempre un adeguato trattamento medico di supporto, con farmaci specifici per le emorroidi e antidolorifici /antiinfiammatori.
Si ottiene di solito una più rapida risoluzione del quadro doloroso, con diminuzione di volume del nodo trattato.

Spesso la risoluzione del quadro acuto è pressochè completa, ma a volte il problema tende a recidivare a distanza di tempo.

In elezione, per emorroidi molto grandi e prolassanti, è invece indicato un trattamento più radicale, volto ad eliminare fisicamente il tessuto prolassante (emorroidectomia) oppure a riposizionarlo in sede appropriata (emorroidopessi).

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Intervista televisiva al chirurgo Dott. Stefano Enrico sulle patologie proctologiche

Cosa è l'Emorroidectomia?

L’intervento consiste nell’asportazione radicale e definitiva dei plessi venosi emorroidari prolassanti, lasciando tra le zone trattate del tessuto adeguato a permettere la cicatrizzazione delle ferite, mantenendo l’elasticità del canale anale.

L’intervento viene abitualmente condotto in regime di Day Surgery o One day Surgery, ovvero con un pernottamento, per poter seguire nelle prime ore il decorso chirurgico.

L’anestesia può essere di tipo locale, associata a sedazione profonda, oppure spinale.

Nel primo caso l’anestesista provvede a somministrare farmaci antidolorifici e sedativi, al fine di ridurre lo stato di coscienza nel momento in cui viene eseguita l’iniezione locale di anestetici: alla ripresa della coscienza il più delle volte l’intervento è già finito, e l’effetto anestetico locale dura ancora diverse ore.

Nel secondo caso l’iniezione viene fatta a livello del sacco meningeo del midollo spinale, “addormentando” le radici nervose della zona perineale (come una specie di “sella”): l’effetto anestetico si protrae per diverse ore, permettendo di condurre l’intervento a paziente sveglio e cosciente, senza alcun dolore.

Nei maschi sopra i 60 anni di età, in cui per natura la prostata può iniziare ad ingrossarsi (Ipertrofia prostatica benigna, affezione comune con l’avanzare dell’età), questo tipo di anestesia può provocare nell’immediato postoperatorio difficoltà ad urinare spontaneamente, con necessità di posizionare per alcune ore un catetere vescicale fino alla ripresa della minzione spontanea, che avviene abitualmente in circa 12 - 24 ore.

Le ferite che risultano dall’asportazione dei nodi emorroidari si lasciano generalmente aperte, e guariscono gradualmente in 6-8 settimane.

Nei primi giorni è indispensabile ricorrere ad una adeguata terapia antidolorifica, associando una igiene locale accurata e tenendo le feci morbide.

A questo proposito di dovrà ricorrere ad una dieta ricca di fibre e acqua (almeno 2 litri al giorno), associando l’assunzione di integratori di fibre e sostanze emollienti,quali l’olio di vaselina, per favorire l’evacuazione.

Un errore piuttosto comune è proprio quello di ridurre l’alimentazione: le feci risulteranno infatti in questo modo più dure e difficili da espellere.

Vista la presenza di ferite aperte, è del tutto normale la presenza di perdite di siero tinto di sangue nei primi giorni, e poi ancora di siero fino alla completa guarigione.

E’ opportuno tenere la parte asciutta applicando piccole garze, che vanno cambiate più volte nella giornata.

In caso di dolore particolarmente fastidioso, si può applicare localmente una crema anestetica.

Solitamente, la ripresa delle attività normali ed il ritorno al lavoro avviene in 2-3 settimane.

Il periodo di “manutenzione” locale può invece protrarsi per un paio di mesi.

Emorroidopessi Secondo Longo (PPH)

L’intervento in questo caso si propone di riportare l’anello emorroidario prolassante nella posizione anatomica originale, all’interno del canale anale, devascolarizzandolo.

Si utilizza una cucitrice particolare, che seziona un “anello” di mucosa e lo sutura circolarmente, riportando in sede il tessuto emorroidario, devascolarizzandolo.

Si assiste subito alla riduzione del prolasso, con ulteriore diminuzione di volume nelle settimane successive del tessuto devascolarizzato.

Le modalità di ricovero e degenza sono come nell’intervento classico, e l’intervento viene quasi sempre condotto in anestesia spinale.

Se il paziente non ha problemi, la dimissione può tranquillamente avvenire in giornata.

L’assenza di ferite aperte all’esterno rende di solito il decorso più rapido e meno doloroso, anche se nei primi giorni una terapia medica di supporto è indicata.

SI ricorda che questi interventi sono tutti più o meno dolorosi: è perfettamente inutile soffrire!

I farmaci vanno quindi presi regolarmente e dosi piene, in quanto sono efficaci ed indispensabili per ridurre al minimo il fastidio provocato dall’intervento.

E’ importante anche qui tenere le feci particolarmente morbide, e bisogna mettere in conto nei primi giorni una sgradevole sensazione di difficoltà all’espulsione delle feci, che gradualmente svanisce.

Interventi di Dearterializzazione Emorroidaria (THD – HELP –laser)

Lo scopo di questi trattamenti è di individuare, con l’aiuto di una speciale sonda doppler dedicata, i vasi arteriosi che portano sangue ai plessi emorroidari.

Segue quindi la legatura (THD) o coagulazione laser (HELP) di questi punti di afflusso arterioso, associato spesso a “pessia” (ovvero legatura e sospensione) del tessuto emorroidario prolassante.

L’intervento richiede preferibilmente l’anestesia spinale o una sedazione profonda, ed il ricovero solitamente è in Day surgery , senza necessità di pernottamento.

L’assenza di ferite aperte permette una ripresa più rapida e solitamente meno dolore nel post-operatorio, ma l’indicazione chirurgica deve essere molto precisa per permettere di godere di questi vantaggi: non è un metodica adatta a tutti i casi, e solo la corretta selezione dei pazienti porta ai risultati ottimali

In conclusione

La scelta del tipo di intervento deve tenere conto di tanti fattori.

Non esiste un trattamento universale valido per tutti: sarà compito del Chirurgo Proctologo avere esperienza nei vari tipi di trattamento e stabilire quale sia il più indicato nel singolo caso.

Altrettanto importante sarà informare accuratamente il paziente sul tipo di trattamento e sulle possibili conseguenze, ad esempio il decorso post operatorio.

Il sapere in anticipo quale sarà il decorso aiuta ad affrontare le difficoltà legate all’intervento – qualunque esso sia – con maggior serenità e fiducia nei risultati.

Spesso la valutazione finale sul tipo di trattamento si decide in sala operatoria: avere il paziente sveglio e poter affrontare insieme ad esso eventuali cambiamenti di strategia è di grande utilità sia per il medico che per il paziente.

Dott. Stefano Enrico

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